Otto passi per accompagnare i profughi ucraini in Valle d’Aosta

di Silvia Ambroggio

C’è una parola che con l’esperienza al Tavolo per l’emergenza profughi ucraini ho imparato che non fa parte del vocabolario della Valle d’Aosta: la parola INDIFFERENZA.

Non sono stati indifferenti i proprietari di casa che hanno messo a disposizione 320 appartamenti. Non lo sono stati i valdostani che hanno donato come singoli, come comunità o attraverso le istituzioni decine di migliaia di euro alla Fondazione comunitaria Valdostana. Non lo sono state le associazioni e le singole persone con le quali da più di un anno grazie alla nomina come rappresentante del CSV (90 soci) al tavolo in P.C. (protezione civile), mi confronto.

L’11 marzo di quest’anno ho festeggiato un anno di amicizia con Marina, originaria di Odessa, 35 anni, spesso turista in Italia, a marzo dello scorso anno è arrivata come profuga con altre centinaia di donne giunte in Valle con bambini o anziani (400 arrivi per la questura, 208 i richiedenti aiuto alla P.C.) in valigia per lei una buona conoscenza della nostra lingua.

Un anno fa circa l’8 marzo è cominciato per me e per il CSV della Valle d’Aosta il sostegno concreto all’Ucraina invasa militarmente dalla Russia, improvvisamente, i profughi richiedenti aiuto non erano più solo un problema di Lampedusa ma anche valdostano, nostro, mio.

Alla prima riunione che coordinava il capo della P.C. Pio Porretta, eravamo presenti in 10, tre operatori della protezione civile, due coordinatori medici un pediatra e un infettivologo, la coordinatrice delle assistenti sociali, la segretaria del Celva, la rappresentante del Fami e la sottoscritta delegata dal CSV a rappresentare il terzo settore ( si aggiungerà dopo qualche incontro anche il referente di Caritas), per la prima volta anche noi chiamati ad un tavolo di coordinamento degli interventi di P.C. Le nuvole scure che quel mattino coprivano l’aeroporto ben esprimevano i pensieri di ognuno dei presenti.

IL PRIMO PASSO che abbiamo fatto insieme è stato accordarci su una GRIGLIA.

In pochi giorni erano stati offerti 320 strutture, dalla popolazione valdostana, per l’accoglienza di profughi che arrivano alla spicciolata, annunciandosi quando andava bene 1-2 giorni prima; capiamo la necessità di creare una griglia per la valutazione delle case da incrociare con la griglia di rilevazione dei bisogni familiari (la mamma incinta che ha già un bambino ha bisogno di una casa con giardino o meglio un piccolo alloggio ad Aosta?), in questo l’esperta era la coordinatrice degli assistenti sociali, le riunioni erano al ritmo di una ogni due giorni.

IL SECONDO PASSO è stato predisporre la COMMISSIONE SOPRALLUOGHI ed eseguirli.

Non tutte le P.C. regionali hanno fatto queste verifiche ma la Valle d’ Aosta ha verificato con griglia alla mano gli appartamenti a disposizione; si decide che questo organo sia costituito da un membro della P.C., da uno della giunta comunale del paese dove si trova l’appartamento e da un rappresentante del terzo settore individuato dal Csv di cui sono io la referente (per individuarli mi sono costati decine di telefonate!) Sono stati 143 sopralluoghi in circa due mesi che grazie a 20 volontari di varie associazioni legate al Forum delle associazioni familiari e al CSV ci hanno permesso di valutare alloggi offerti da privati, parrocchie o enti pubblici da Gressoney a Courmayeur e da Cogne a Saint-Rhémy-En-Boss. A seguito dei sopralluoghi, gli alloggi ospitanti (a cui abbiamo “abbinato” i profughi) sono stati 69 (privati, Parrocchie, Comuni e Hotel). Alcuni nuclei ucraini sono stati ospitati in più alloggi.

Dopo pochi giorni dall’avvio delle riunioni, un giorno emozionata ho conosciuto in via Edelweiss, il primo gruppo di donne ucraine (tra queste Marina) insieme alla mediatrice ucraina, all’assistente sociale e al referente Caritas. Sono stata presente al primo alloggio assegnato, solo perché all’inizio recuperavo le lenzuola, coperte e asciugamani attraverso la rete di amici e volontari e li facevo portare al Centro delle Famiglie di cui avevo le chiavi. Avevo appena recuperato tutto e per velocizzare le consegne sono andata direttamente all’alloggio, ero, così, presente all’inserimento delle prime 7 donne nel primo alloggio assegnato grazie alle nostre griglie, alle nostre prime riunioni e discussioni! Ero presente e, come la vita spesso mi ha insegnato, non era un caso, quell’esperienza mi aiuterà nelle scelte successive.

 Oggi sappiamo che abbiamo accolto e spostato, in alcuni casi più volte, 208 ucraini. I comuni coinvolti sono stati Aosta, Arvier, Avise, Ayas, Aymavilles, Charvensod, Chatillon, Cogne, Courmayeur, Donnas, Doues, Gressan, Introd, La Salle, Morgex, Nus, Pollein, Pont-Saint-Martin, Pré-Saint-Didier, Quart, Saint-Denis, Saint-Marcel, Saint-Pierre, Saint-Rhémy-En-Bosses, Saint-Vincent, Sarre, Valpelline e Villeneuve.

Altri 200 sono stati accolti da amici o parenti già presenti sul territorio valdostano e spesso ci si è trovati ad incrociarne i bisogni perché alla ricerca di letti, coperte o vestititi. Caritas e parrocchia di St Martin si sono rivelati un buon punto di raccolta con i quali collaborare ma non bastavano mai, bisognava essere rapidi, essere sempre aperti, la sera e nei weekend, le associazioni lo sanno.

IL TERZO PASSO, il 17 marzo, è stato creare la rete associativa di WhatsApp EMERGENZA UCRAINA, era importante informare in tempo reale delle novità sui documenti, fornire informazioni che c’erano solo al tavolo regionale a cui partecipava il presidente Claudio Latino o passare gli appelli sulle cose concrete che servivano o eccedevano del tavolo in P.C., un esempio l’emergenza biancheria, non sempre chi offre la casa ha biancheria per tutti!

La chat è stato un buon passo ma parlando con Elda e Claudio raccontavo dell’importanza dell’essere presente agli inserimenti in alloggio. Vengo da una formazione di famiglia affidataria, da progetti una famiglia per una famiglia, mi rendo conto che ci vorrebbe una persona che facesse da cuscinetto tra i vari interlocutori e che sostenga il lavoro degli assistenti sociali oberati per tutti i primi sei mesi di accoglienza, questa figura potrebbe fare la differenza per la nostra accoglienza, renderla ancora più inclusiva.

Elda  e Claudio mi propongono di condividere on line insieme ai presidenti delle varie associazioni informazioni e bisogni e di esporre quest’idea del “tutor” per essere vicini ai proprietari che offrono casa ma non si sentono di seguire tutti i problemi burocratici o di ricerca del materiale di cui ogni nucleo ha bisogno e vicini agli ucraini che spesso la sera o nel weekend sentono maggiormente la solitudine senza i servizi sociali. Si decide di chiedere alle associazioni di affiancare con un loro volontario-tutor i vari alloggi che si stanno allestendo, un modo anche per sostenere il Fami che segue soprattutto l’iter dei documenti. Il 1° aprile inauguriamo le chat CSV con il presidente Claudio Latino, la referente per il Fami Elda Tonso , la coordinatrice delle assistenti sociali Paola Peterlini, la sottoscritta e tutti presidenti delle associazioni disponibili a sostenere gli inserimenti, coordinandoci il più possibile  con i servizi per gli inserimenti familiari.

IL QUARTO PASSO è stato definire con le associazioni la figura del TUTOR DEGLI ALLOGGI che ha avuto spesso anche il compito di reperire materiale ma in primis ha facilitato la relazione con i proprietari di casa e l’inclusione sul territorio delle famiglie ucraine, con incontri settimanali on line con referenti di associazioni, abbiamo individuato 12 delle 90 aderenti al CSV che si sono rese disponibili a seguire alcuni nuclei familiari a testa sul territorio.

IL QUINTO PASSO è stata la realizzazione dell’INCLUSIONE corsi di italiano e organizzazione di di gite per conoscere il territorio e alleggerire o sdrammatizzare i tempi di guerra; ci si rende sempre più conto che difficilmente si tornerà a casa presto e che la lingua italiana diventa necessaria per i profughi come per i ragazzi l’inserimento a scuola. Nascono i corsi del Fami, il corso di italiano al Centro delle Famiglie, gli amici professori che on line fanno lezione ai ragazzi ucraini accolti dal conservatorio. In questa fase cominciano anche i viaggi per cure a sostegno delle persone malate, la rete CSV interviene con alcune associazioni dei comuni dove sono alloggiate ancora adesso. Abbiamo anche fatto riunioni a domicilio con la direttrice del CSV e un mediatore a Morgex per un nucleo familiare molto numeroso e con abitudini familiari e culturali che rendevano difficile la convivenza con il territorio.

IL SESTO PASSO lo abbiamo fatto con la Fondazione Comunitaria che ha reso molto concreto l’aiuto alle famiglie con un BANDO DI MILLE EURO per tutte le associazioni che avessero richiesto la somma da spendere in microprogetti di inclusione, in ricerca lavoro, in estate ragazzi,  in elettrodomestici, in apparecchi acustici, in cibo o vestiti di emergenza che non potessero essere forniti da Banco Alimentare o Caritas.

Bando di 2000 euro che, in autunno, è stato rinnovato e a disposizione ancora per 5 associazioni che molto saggiamente si sono incontrate on line per definire insieme e redigere un protocollo di spese risarcibili in quanto riconosciute da tutti.

Il SETTIMO PASSO l’abbiamo fatto a giugno, aiutando tanti ragazzi a partecipare ad Estate ragazzi, ai campi di P.C. e nel CERCARE LAVORO con i giovani e le donne disponibili: mediatori linguistici, camerieri, lavapiatti, aiuto cuochi. È stato emozionante incoraggiare, accompagnare giovani donne alla ricerca di un lavoro che non era certo quello scelto in gioventù in Ucraina ma quello che poteva permettere loro di rendersi autonome, dando dignità al loro soggiorno in terra straniera. Ho visto segretarie adattarsi a fare le lavapiatti per tre mesi d’estate e poter pagare l’affitto con gioia in autunno.

L’OTTAVO PASSO lo abbiamo compiuto a settembre abbiamo sostenuto, con alcune associazioni, le prime donne ucraine che hanno realizzato il loro sogno di uscire dal progetto aiuti della P. C. (che intanto apriva il CAS a Donnas per 50 persone) attraverso la ricerca di ALLOGGI AUTONOMI e il sostegno nel pagamento di utenze e affitto. 36 persone sono rimaste ancora in alloggiamenti protetti, anche la disponibilità dei valdostani in alcuni casi è stata davvero eroica. Una famiglia ha ospitato un ragazzo che nessuno voleva in quanto uno dei pochi maschi giovani. Da un anno lavora in un ristorante, la stessa famiglia continua ad ospitarlo e da un mese ha accolto anche un amico che lo ha raggiunto nella speranza di poter riavere una vita normale lavorando qui da noi e aiutando il suo amico a pagare l’affitto. La ricerca casa continua anche la ricerca lavoro ma soprattutto per i nuclei familiari presenti nel CAS o nel SAI. A loro sono rivolte

Concludendo insieme alle amiche e agli amici  volontari che hanno camminato insieme a me in questa dolorosa esperienza di chi ha perso tutto, ho vissuto anche tanti momenti di gioia (come la volta che non trovavo il volontario per il sopralluogo a Cogne o a Valtournanche e alla decima telefonata l’amica con 4 nipoti e la madre anziana, mi risponde di si o quando si è  festeggiato per i primi inserimenti in famiglia con un caffè al bar dell’aeroporto!) momenti che ci hanno fatto sentire uniti tra volontari ( la ricerca di oggetti utili, l’aver trovato casa al ragazzo che da 15 giorni era in croce rossa,  l’incontro con amiche di altre associazioni che non si incontrano da anni, l’empatia con l’assistente sociale chiamata su un caso grave di minori, abbandonati in montagna, un’ora prima dalla partenza per le ferie)  e uniti ai profughi ucraini di cui abbiamo apprezzato i tanti punti di forza ( l’esultanza per il primo stipendio o per aver trovato la prima casa in affitto, la grande dignità di chi accettava cose usate per non farci spendere).

Insieme abbiamo fatto otto passi, credo che l’otto sia un numero spirituale ci ricorda l’infinito, la vita eterna che viene dal battistero ottagonale come dalla ruota con otto raggi del Buddismo, anche noi abbiamo compiuto il nostro viaggio spirituale. Questa esperienza, ancora una volta mi ha aiutato ad accettare che non possiamo eliminare la sofferenza ma che possiamo aiutare il nostro prossimo che soffre a portarla con meno fatica rimanendogli a fianco e facendolo sentire “uno di famiglia” e in questo modo vivere insieme la vera gioia.

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