Centri estivi: guida pratica per ETS, ASD e SSD

Cosa sono i centri estivi? Quali sono gli aspetti da valutare e pianificare nella fase di organizzazione?

Questa piccola guida aiuterà gli enti non profit che stanno pensando di cimentarsi in tale attività o la stanno già predisponendo mettendo a fuoco alcuni aspetti fondamentali:

  • è un’attività di natura istituzionale o commerciale?
  • come deve essere organizzata l’eventuale erogazione dei pasti?
  • come devono essere retribuiti i collaboratori?

La guida è rivolta in particolare alle seguenti tipologie associative:

Cosa sono i centri estivi?

I centri estivi sono progetti educativi, sportivi e ricreativi rivolti a bambini e adolescenti con l’obiettivo di:

  • aiutare le famiglie a conciliare i tempi di vita e di lavoro durante la chiusura estiva delle scuole;
  • favorire la socializzazione, lo sviluppo delle attitudini fisiche e artistiche individuali, la conoscenza e tutela del territorio;
  • offrire un’esperienza che risponde al bisogno di stare insieme e contemporaneamente riconoscersi ed esprimersi come individui.

I centri estivi hanno assunto una notevole importanza dopo la pandemia da COVID-19 perché hanno dato una risposta al grande bisogno di socializzazione ed espressione di sé che avevano bambini e giovani dopo il lungo isolamento subito.

Inoltre realizzare centri estivi può essere un’occasione per avvicinare i giovani all’ente stimolandoli a partecipare ad altre attività sociali nel corso dell’anno.

Infine il Governo ha finanziato il  Fondo per i centri estivi 2023  con 60 milioni di euro, che verrà gestito dal Dipartimento per le politiche della famiglia.

Ecco tre ottimi motivi per prendere in considerazione questa attività.

Centri estivi: attività istituzionale o commerciale?

In linea di massima la gestione del centro estivo rientra tra le attività istituzionali dell’ente quando intercorrono i seguenti elementi:

  • l’attività è connessa ai fini istituzionali indicati nello statuto;
  • chi usufruisce del servizio è socio o tesserato dell’ente e quest’ultimo deve aver messo in pratica le procedure di ammissione previste nel proprio statuto (quindi massima attenzione al  tesseramento contestuale);
  • la ASD o SSD deve essere iscritta al  Registro nazionale delle attività sportive  (RAS);
  • è stato inviato il  modello EAS  all’Agenzia delle Entrate.

Nel caso degli enti sportivi dilettantistici, se l’ente ha indicato nel proprio statuto come attività istituzionali non solo quelle sportive dilettantistiche ma anche quelle culturali, ricreative e ludiche, i proventi sono decommercializzati in base all’art.148 co.3 TUIR.

Ma attenzione: l’agevolazione si applica fino all’esercizio successivo a quello di acquisizione dell’autorizzazione della Commissione europea dei nuovi regimi fiscali introdotti dal Codice del Terzo Settore.

Successivamente l’agevolazione si applicherà esclusivamente ai corrispettivi connessi allo svolgimento dell’attività sportiva dilettantistica.

Inoltre dal 1° luglio 2023 l’ente dovrà dimostrare che le entrate derivanti dallo svolgimento di attività diverse da quelle sportive siano secondarie rispetto al totale delle entrate.

Invece nel caso di ASD-APS sia le attività sportive sia quelle culturali, ricreative e ludiche resteranno di natura istituzionale, però l’ente dovrà dimostrare di svolgere le attività sportive in maniera stabile ma non prevalente.

Per quanto riguarda la gestione di eventuali viaggi o vacanze sportive, è opportuno che l’organizzazione del pacchetto sia affidata ad agenzie turistiche.

Erogazione pasti

La ristorazione è sempre considerata attività commerciale, anche se rivolta esclusivamente ai soci.

L’ente può beneficiare della defiscalizzazione dei corrispettivi specifici percepiti solo nei seguenti casi:

  • se è affiliato ad un ente nazionale riconosciuto dal Ministero dell’Interno ed effettua somministrazione di alimenti e bevande nel cosiddetto “bar sociale” al posto della ristorazione;
  • se i pasti vengono acquistati in nome e per conto dei soci presso un ristorante o un servizio catering ed il contributo richiesto ai soci corrisponde ad un rimborso spese per i costi sostenuti.

In ogni caso resta ferma la necessità di avere i requisiti funzionali-organizzativi delle strutture (esempio: HACCP e NIA sanitaria) ed ottenere le autorizzazioni pubbliche, anche a carattere regionale o locale.

Come retribuire i collaboratori?

Abbiamo già stilato una breve sintesi delle regole da applicare per i  compensi ad amministratori e soci di un ente non profit.

Ma attenzione: la questione dei compensi è molto articolata e richiede un’attenta valutazione caso per caso.

In particolare lo è per gli enti sportivi dato che l’entrata in vigore della riforma del  lavoro sportivo  dal 1° luglio 2023 comporterà maggiore attenzione alla gestione di collaboratori e volontari.

Lavoro subordinato

Dovendo assicurare la presenza degli operatori (allenatori, educatori, animatori, ecc.) per lo svolgimento delle attività, l’ente è obbligato ad organizzare le prestazioni lavorative in maniera verticistica.

Di conseguenza deve applicare le disposizioni del lavoro subordinato ai collaboratori sancite dall’art.2  D.lgs 81/2015,  a meno che non sia in grado di dimostrare la natura autonoma e occasionale dell’intervento.

Un esempio potrebbe essere l’animatore culturale che realizza un laboratorio o attività ludiche solo per alcune giornate.

Le eccezioni alla regola previste dalla norma riguardano le collaborazioni:

  • per le quali gli accordi collettivi nazionali stipulati dalle associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale prevedono discipline specifiche riguardanti il trattamento economico e normativo, in ragione delle particolari esigenze produttive ed organizzative del relativo settore;
  • prestate nell’esercizio di professioni intellettuali per le quali è necessaria l’iscrizione in appositi albi professionali;
  • rese ai fini istituzionali in favore degli enti sportivi dilettantistici affiliati a federazioni, discipline sportive associate e agli enti di promozione sportiva riconosciuti dal CONI.

PrestO

Un’altra possibilità praticabile potrebbe essere la prestazione occasionale (ossia il  PrestO,  che ha sostituito il voucher).

Ma va tenuto conto che ha limiti stringenti rispetto agli importi complessivi sia dal lato prestatore che dal lato utilizzatore.

Compenso sportivo dilettantistico

È possibile remunerare i collaboratori con questa modalità solo se:

  • partecipano alla realizzazione di corsi e/o allenamenti relativi a discipline sportive espressamente riconosciute dal CONI;
  • la prestazione non rientra nell’esercizio di attività professionale e non ha natura subordinata.

Chiaramente non rientrano in queste fattispecie i collaboratori che si occupano dei pasti né gli educatori o animatori.

Con l’entrata in vigore della riforma del lavoro sportivo, prevista per il 1° luglio 2023, non sarà più possibile erogare i compensi sportivi dilettantistici.

Di conseguenza sarà necessario valutare l’inquadramento dell’operatore come:

  • lavoratore sportivo (se la prestazione ha ad oggetto corsi/allenamenti in discipline espressamente riconosciute dal CONI);
  • lavoratore non sportivo (se impegnato in altre attività).

Certificato penale

Il D.lgs 39/2014 ha introdotto nel DPR 313/2002 l’art.25 bis, il quale sancisce che il certificato penale “deve essere richiesto dal soggetto che intenda impiegare al lavoro una persona per lo svolgimento di attività professionali o attività volontarie, organizzate che comportino contatti diretti e regolari con minori…”.

Quindi l’obbligo esiste sia nei confronti dei collaboratori che dei volontari.

Sul punto però ci sono ambiguità derivanti dal fatto che la sanzione pecuniaria amministrativa è prevista solo se si configura un rapporto di lavoro (art.25 bis co.2).

Ciò ha portato all’emanazione di  diverse note  del Ministero della Giustizia nelle quali si sostiene che il certificato penale non è necessario per i “soggetti che svolgono attività di mero volontariato presso società e associazioni sportive dilettantistiche né a coloro i quali percepiscono i compensi di cui all’art. 67, comma 1, lett. m), del TUIR.”

Ma sul tema possono legiferare anche le Regioni, quindi è opportuno verificare l’eventuale normativa vigente sul proprio territorio.

Inoltre va tenuto presente che dal 1° luglio 2023 il certificato penale sarà obbligatorio per le ASD o SSD che attiveranno contratti di lavoro sportivo con educatori sportivi che hanno contatti diretti e regolari con minori.

Fonte: Tornaconto&c

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