Come distinguere l’attività commerciale da quella istituzionale?

Le associazioni non profit, che giuridicamente sono enti non commerciali, hanno la possibilità di espletare anche attività commerciale, ma devono attenersi a regole precise.

Questa facoltà è data perché gli enti non commerciali spesso fanno fatica a reperire risorse finanziarie attraverso il solo svolgimento dell’attività istituzionale, che per natura non è indirizzata alla vendita di un bene o alla prestazione di un servizio.

Vediamo di seguito i criteri utili per individuare l’attività commerciale e quali sono i principali limiti da tenere presenti nel suo svolgimento.

L’attività non commerciale (o istituzionale)

Parliamo di attività non commerciale quando:

  • è resa a favore dei soci (salvo alcune specifiche eccezioni);
  • rientra tra gli scopi sociali fissati dallo statuto;
  • non esiste una specifica organizzazione per la sua realizzazione;
  • i relativi corrispettivi non eccedono i costi di diretta imputazione.

Nella maggior parte dei casi le risorse economiche sono costituite da:

  • quote associative e contributi versati dai soci;
  • erogazioni liberali e contributi a fondo perduto versati da soggetti terzi che condividono gli obiettivi perseguiti dall’ente.

Spesso queste entrate non bastano per supportare le attività degli enti, ecco quindi che l’attività commerciale diventa una possibile strada di finanziamento per continuare a perseguire quel benessere collettivo previsto dallo statuto associativo.

L’attività commerciale

Per attività commerciale si intende un’attività che si differenzia rispetto a quella istituzionale sia per la natura delle prestazioni che per lo scopo perseguito.

Per fare degli esempi abbiamo entrate commerciali quando le attività:

  • sono svolte verso terzi non soci (in alcuni casi specifici anche verso i soci e/o tesserati);
  • rientrano tra le seguenti tipologie:

La prevalenza commerciale

È fondamentale ricordare che l’attività commerciale deve essere:

  • di supporto all’attività istituzionale non commerciale;
  • marginale rispetto all’attività complessivamente svolta.

Quindi bisogna trovare un equilibrio tra l’attività commerciale e quella non commerciale prestando molta attenzione alla  prevalenza commerciale.

Avere una prevalenza commerciale significa che l’attività commerciale realizzata ha un rilievo economico maggiore rispetto a quella istituzionale.

In caso di prevalenza commerciale le associazioni rischiano di perdere la qualifica di ente non commerciale con conseguenze molto onerose dal punto di vista civilistico ed economico.

Le regole per gli enti del terzo settore (ETS)

La Riforma del terzo settore introduce un nuovo criterio per individuare la natura commerciale delle attività dell’ente del terzo settore (ETS).

In un precedente  contributo  ho commentato l’art.79 co.2 D.Lgs. 117/2017 (Codice del Terzo Settore) il quale considera le attività di interesse generale di natura non commerciale – quindi non tassabili – quando sono svolte a titolo gratuito o dietro versamento di corrispettivi che non superano i costi effettivi, tenuto conto anche degli apporti economici delle pubbliche amministrazioni.

Aggiungo che il Codice del Terzo Settore ha chiarito che gli ETS possono svolgere  attività diverse  (cioè attività commerciali) in qualsiasi ambito purché le loro entrate siano finalizzate a supportare, sostenere, promuovere e agevolare il perseguimento delle finalità istituzionali dell’ente.

Le regole per le associazioni sportive dilettantistiche (ASD)

Anche per le associazioni sportive dilettantistiche il legislatore ha previsto delle regole per le attività commerciali “diverse”.

L’art.9 D.Lgs 36/2021  sancisce che le ASD e le SSD possono esercitare attività diverse da quelle principali purché abbiano carattere secondario e strumentale rispetto alle attività istituzionali (ossia l’organizzazione e gestione di attività sportive dilettantistiche), secondo criteri e limiti da definirsi con apposito decreto.

Inoltre l’art.9 stabilisce che i proventi derivanti da:

  • rapporti di sponsorizzazione,
  • accordi promo-pubblicitari,
  • cessione di diritti e indennità legate alla formazione degli atleti nonché dalla gestione di impianti e strutture sportive,

sono esclusi dal computo dei limiti del rapporto fra le attività sportive e le attività diverse.

Ricordo infine che in caso l’ente associativo (ETS, ASD, ecc.) svolga attività commerciale deve:

  • predisporre le normali scritture contabili mantenendo la contabilità dell’attività commerciale separata rispetto a quella dell’attività istituzionale;
  • dotarsi di partita IVA in presenza di attività commerciale non occasionale.

Fonte: Tornaconto&c

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